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Il Cerchio e la Croce: breve nota geometrico/simbolica sull "Incredulità di Tommaso" di Ca


Critici, curatori, studiosi, storici dell'arte e romanzieri, sembrano non essere mai stanchi di parlare di Caravaggio, riferendosi quasi sempre esclusivamente alla sua tecnica, allo stile rivoluzionario, alle vicende travagliate della sua vita.

Vorrei qui invece mettere in evidenza, alcune questioni di carattere geometrico simbolico legate allo schema compositivo di uno dei suoi più grandi capolavori e attraverso questo, dare ragione di alcuni aspetti poco considerati della personalità del Maestro.

Il dipinto in questione è l' "Incredulità di Tommaso", un olio su tela del 1601 probabilmente dipinto su commissione del banchiere genovese Vincenzo Giustiniani e oggi conservato presso la Bildergalerie di Postdam.

Nell'opera di studio e contemplazione che accompagna ogni mia riproduzione di antichi capolavori, sono giunto in questo caso alla felice scoperta della geometria che sottosta a questo affascinante dipinto. Ma partiamo dall'inizio ovvero dal tema rappresentato: l'episodio evangelico di cui tratta, possiamo dire che simboleggi -in essenza- l'Incontro (mai stato così intimo) tra due estremi della nostra natura. Da una parte sono la stolidità e la razionalità umana rappresentate da Tommaso e dalla sua inderogabile necessità del più empirico dei procedimenti onde appurare la verità del'Inspiegabile. Dall'altra è l'Inspiegabile stesso, la Divinità incarnata da Cristo tornato alla vita dopo essere morto, evento questo tra i più difficili a cui riuscire a prestare fede.

Nel dipinto Caravaggio raggiunge una verità espressiva davvero fuori dall'ordinario. Utilizzando le figure di altri due apostoli che con la bocca spalancata uno e con lo sguardo accigliato l'altro insieme a Tommaso testimoniano all'evento, crea una cornice in cui lo spettatore stesso è inserito e si ritrova così a sua insaputa in un'atmosfera di forte intimità e di simbiosi temporale: difficile di fronte a questo dipinto non sentirsi davvero parte della scena e non immedesimarsi con lo stato d'animo dei diversi personaggi.

Certo la maestria pittorica e l'efficace scelta della luce fanno la loro parte in questo felice gioco illusionistico. Ma ciò che a mio parere rende davvero unico questo capolavoro è il simbolismo che vi è sotteso e che per par mio amplifica esponenzialmente la sua riuscita rispetto ai tanti di altri autori che rappresentano lo stesso episodio, ma anche all'interno dello stesso corpus di opere di Caravaggio.

Egli utilizza, e mi permetto di credere che non l'abbia fatto casualmente (dando forza qui alla mia personale convinzione che il Merisi non fosse solo l'uomo da strapazzo, il genio maledetto che la letteratura vuole in ogni modo presentarci, ma fosse anche un fine studioso e conoscitore della geometria sacra), due simboli propri a pressocché tutte le Tradizioni: il Cerchio e la Croce. Esse sono due figure geometriche perfettamente inerenti al tema sacro rappresentato. La Croce rappresentante la forma umana che ciascuno di noi è (basta aprire le braccia per rendersene conto), ha un ramo inferiore rappresentante le nostre possibilità di carattere più basso, uno superiore indicante gli stati più elevati e un piano orizzontale che, simboleggiando l'orizzonte entro il quale manifestiamo il nostro agire quotidiano, ha nel punto in cui interseca l'asse verticale, la sua Chiave di Volta, il luogo cioè dal quale è possibile iniziare l'ascesa verso gli stati superiori dell'Essere.

Nella finitezza umana che la croce simboleggia esiste cioè un punto che rappresenta l'Infinito, l'Eterno, figurato per l'appunto dal Cerchio. A Tommaso quindi, uomo sulla Via, e alla "sua" croce, fa da contro-canto Cristo -ovvero l'Uomo Realizzato che ha sconfitto la morte- ed il "suo" Cerchio.

Simbolo privilegiato nella rappresentazione della Divinità e dell'Infinito, il cerchio (ci si riferisca all'"Ouroboros", ma ancor meglio alla Sfera, suo solido corrispondente) è l'unica figura geometrica costituita da un insieme di punti equidistanti dal Centro (luogo simbolico dell'Origine e Dimora della Divinità). Non avendo né un inizio né una fine è proprio questa sua indefinitezza a renderlo così importante e adatto ad essere un'immagine dell'Infinito.

Vediamo ora quindi come tutto nasca da un cerchio e una croce.

Le 4 figure sono infatti inscritte in un cerchio che, andando oltre i confini della tela, e quindi entrando nello spazio dell'osservatore, ha come diametri perpendicolari principali due rette: quella verticale "supportata" dalla testa di Tommaso e da quella dell'apostolo più anziano e quella orizzontale che passa esattamente lungo la direttrice principale della composizione rappresentata dal gomito, dalla spalla e dalle tre mani in sequenza strettissima, in fila una all'altra e che sono il fulcro dell'azione.

Lo stesso schema Caravaggio lo presenta più in alto replicandolo con una circonferenza tangente al diametro orizzontale di quella più grande, in cui sono perfettamente inscritte le 4 teste e i cui diametri perpendicolari intersecano i loro sguardi:

Ne risulta uno schema doppio sebbene ripercorso su scale differenti:

Ecco una felice unione di simboli, significati, e maestria pittorica. Questo dipinto è un vero Diamante.(https://it.wikipedia.org/wiki/Vajra).

Massimo Tizzano

NOTA: per le immagini dello studio qui proposto ho usato una foto della mia riproduzione su tela in dimensioni pari all'originale.

Non sono reperibili sul web buone foto di questo dipinto: a questo collegamento una delle migliori che sono riuscito a trovare:

Copyright Massimo Tizzano 11/2016

"Unbelief of St. Thomas", oli on olona linen, 146 x 116 cm, copy by Massimo Tizzano

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